L'universo concettuale di Tornatore, fuori dallo stereotipo dell'artista realista, folklorico, sempre chiuso su una tematica saputa (il
Meridione, la Sicilia, le sue storie).
È il ritratto di un maestro d'immagine a tutto tondo quello che emerge dalla lettura de “Le parole di Tornatore” (Città del Sole edizioni), raccolta di saggi, a cura di Federico Giordano, con
prefazione di Roy Menarini e una lezione di sceneggiatura su “La Sconosciuta”, tenuta dal regista alla Cineteca di Bologna.
Presentato mercoledì pomeriggio alla “Dante Alighieri”, nell'incontro organizzato dalla stessa università in collaborazione col Kiwanis Junior
Club, il testo rende giustizia ad un artista tanto attenzionato dalle polemiche giornalistiche, quanto dimenticato dalla critica. |
Giuseppe Tornatore sul set del film “Baaria”
|
Gli autori sono giovani studiosi (oltre Giordano, Angelita Fiore, Maurizio Buquicchio, Francesco Di Chiara, Marina Rossi,
Francesca Saffioti, Giorgio Bacchiega, Maurizio Gagliano, Sara Martin, Marco Benoit Carbone, Salvatore D'Amico) che indagano l'opera del regista da varie prospettive - filmologica, architettonica,
letteraria, semiotica - al fine di coglierne i nuclei teorici e i rimandi alla diverse arti.
“In un'epoca di semplificazione - sottolinea Tonino De Pace, presidente del Circolo del Cinema “Zavattini” - una bella lezione di complessità”. Lezione di cinema tout court “che ha il merito -
aggiunge il docente della “Alighieri” Paolo Minuto - di fondare la critica e l'analisi sul riscontro testuale, avvalendosi di un lessico e un metodo appropriati”.
Esemplificativo in tal senso il power-point proiettato da Giordano, allo scopo di mostrare l'operazione seguita dal saggio per “smontare” l'immagine monocorde dell'artista realista a favore di una
rappresentazione più dialettica: “Il rapporto tra realtà e fantasia - spiega Giordano - si sviluppa in Tornatore secondo quattro variabili (realismo, espressionismo, fantastico nascosto dentro una
rappresentazione realistica e fantastico esplicito) riscontrabili dalle profonde analogie tra la sua produzione filmica e l'arte fotografica, pittorica, visiva (dello stesso regista o di autori a
lui prossimi)”.
La tendenza realistica - l'attenzione antropologica, all'uomo dentro un contesto, a rappresentare la realtà così com'è (presente già in alcuni scatti giovanili pubblicati nel '90 da Sellerio) -
collega l'autore, da un lato, ai fotografi siciliani Ferdinando Scianna, Mimmo Pintacuda ed Enzo Sellerio, dall'altro, all'amico e pittore Renato Guttuso, direttamente citato in “Nuovo Cinema
Paradiso”. L'elemento emotivo si rivela, invece, nella costruzione di spazi apparentemente realistici che sono essenzialmente spazi archetipi: i “paesi presepe” del cinema tornatoriano.
Ma se la dissimulazione completa del fantastico dentro una rappresentazione realistica è esemplificata dal virtuosismo “fantasticamente verosimile” di Novecento nella “Leggenda del pianista
sull'Oceano”, è, al contrario, nelle visioni oniriche dei personaggi, che il fantastico diventa esplicito, smentendo definitivamente la tesi del regista realista tout court e “svelandoci un maestro
capace di connettersi al più ampio contesto artistico e culturale”.
Per la sua concezione ambigua della donna (donna angelicata e donna sensuale), per esempio: in connessione con l'arte medievale e Antonello da Messina, ma anche con la fotografia di Betthina
Rheims. E per quella “passione per la città e il paesaggio” che è sottolineata dal docente di Urbanistica Enrico Costa.
Dal presidente del Circolo del Cinema “Chaplin”, Claudio Scarpelli, soprattutto un riconoscimento diretto all'editore Franco Arcidiaco per un non comune coraggio editoriale.
Elisabetta Viti
|